FIONA MAY: L’ECLETTISMO AL SERVIZIO DELLE AZIENDE

Fiona May, è stata l’emblema dell’atletica azzurra a cavallo fra il vecchio e il nuovo millennio. Gli Argenti olimpici conquistati nel salto in lungo ad Atlanta1996 e Sidney2000, insieme alle 4 medaglie mondiali e il record italiano ancora imbattuto, l’hanno consacrata nella storia dello sport italiano e mondiale.

Ritiratasi dalla pedana, Fiona May si è distinta nel mondo dello spettacolo come attrice e ballerina, partecipando a fiction, pubblicità e TV-show.

Superata di recente la soglia dei 50 anni, Fiona May non accenna a rinunciare al proprio eclettismo, e ancora oggi si destreggia abilmente tra gli appuntamenti della multinazionale per cui lavora, le consulenze da speaker motivazionale che eroga con continuità e gli spettacoli della tournée teatrale di cui è protagonista.

 

Da gennaio 2019 sei in tournée nei teatri di tutta Italia con lo spettacolo “Maratona di New York” nel quale reciti e corri ininterrottamente per 50 minuti, nei panni di una donna forte, sicura di sé, una vera leader che guarda sempre avanti senza indugiare mai. Come sta andando l’esperienza teatrale? Quanto di Fiona May hai avuto modo di riconoscere nel personaggio che interpreti?

Coronavirus a parte, l’esperienza teatrale sta andando benissimo e mi sto trovando a mio agio nei panni dell’attrice. All’inizio è stata molto dura, recitare e allo stesso momento correre per 5-6km a spettacolo è infatti molto difficile, anche se devo dire che arrivati alla seconda stagione mi sono ormai abituata. Inoltre, ho imparato molto lavorando con l’attrice Luisa Cattaneo e il registra fiorentino Andrea Bruno Savelli, che mi ha subito dato molta fiducia, soprattutto nelle occasioni in cui dovevo parlare e rapportarmi direttamente con il pubblico.

Per quanto riguarda il personaggio che interpreto, molte persone son convinte che mi rispecchi molto. Personalmente invece, ho trovato solo un 10% di Fiona in lei, ragion per cui ho dovuto lavorare molto sul ruolo, cercando di tirare fuori un grado di cattiveria e aggressività che solitamente non mi appartiene.

 

Sono ormai 15 anni che hai annunciato il tuo ritiro dalla pedana, nonostante ciò continui a “saltare” da un progetto all’altro senza fermarti mai: attrice, ballerina, manager e non ultimo speaker motivazionale per le aziende. Dove trova Fiona May la forza e la passione di mettersi ripetutamente in gioco, dopo una carriera sportiva ed extra sportiva d’eccellenza? 

Non lo so, forse la mia insaziabile sete di adrenalina è, ed è stata, un fattore determinante, che mi ha spinto a mettermi ripetutamente in gioco. La sfida più grande è stata sicuramente la scelta, a soli 23 anni, di trasferirmi in Italia, sposarmi e gareggiare sotto la bandiera italiana. Detto ciò, la predisposizione a reinventarmi è sempre stata parte del mio DNA. Mi definisco una workaholic perché a volte lavoro troppo, mi piacciono le sfide e pensare out of the box. La passione è sicuramente stata importante nel mio percorso, anche se lo sono stati molto di più la determinazione e il coraggio. La passione infatti viene dopo, quando so che posso raggiungere un certo obiettivo. Nonostante ciò, passione, coraggio, determinazione sono state tutte caratteristiche fondamentali, che mi hanno aiutato a superare gli ostacoli della vita anche extra-sportiva.

 

Una costante capacità di reinventarsi in ruoli plurimi e differenti, buttandosi a capofitto in nuove sfide con l’entusiasmo fanciullesco che ti ha sempre contraddistinta. È forse questo il take away più importante dei tuoi speech, che i professionisti del business possono interiorizzare per affrontare un mercato in continua evoluzione?

Fiona May: l'eclettismo al servizio delle aziendeCambiare il nostro mind-set è fondamentale ed è l’elemento chiave che voglio comunicare nei miei speech. Che tu sia un manager più attento agli aspetti organizzativi dell’azienda oppure un leader chiamato ad essere fonte d’ispirazione per gli altri, è necessario essere sempre aperti al cambiamento. Con un mercato del lavoro in costante divenire infatti, la flessibilità e la capacità di adattamento sono ormai divenuti dei fattori chiave per chi opera nel business.

Come un’atleta che, causa infortunio, deve rivedere il proprio programma d’allenamento, così anche le aziende devono correggere le proprie strategie a fronte di un mutato contesto esterno. Ed ecco perché le imprese, dalla più piccola alla più grande, devono rimanere recettive e non sottovalutare i nuovi trend di sviluppo del mercato del lavoro, quali possono essere per esempio lo smart working (argomento divenuto ormai di forte attualità di questi ultimi tempi), oppure le diverse tecniche di meditazione, visualizzazione etc. aventi come obiettivo il benessere aziendale. Benessere aziendale che reputo essere un elemento imprescindibile, direttamente correlato alle performance economiche.

 

In che misura credi che lo sport abbia contribuito a plasmare questa tua mentalità e approccio proattivo alla vita e in che modo ritieni possa essere precettore di valori e principi rilevanti nell’ambito della formazione aziendale?

Nello sport come nella formazione aziendale, penso sia fondamentale adottare un approccio di Mindfulness. Personalmente, ho fatto molta meditazione e visualizzazione nella mia carriera. Tali pratiche mi hanno sempre aiutato a controllare le emozioni e migliorare il focus sulla gara. Al giorno d’oggi queste metodologie sono diventate molto importanti anche nel mondo aziendale. Come è risaputo infatti, la performance sportiva è determinata per la maggior parte della mente, mentre il fisico contribuisce in maniera inferiore. Per questo motivo ritengo che le stesse tecniche di visualizzazione e concentrazione che aiutano gli atleti nella preparazione della competizione sportiva possono essere altrettanto efficaci nel migliorare le performance dei dipendenti e dei manager all’interno di una realtà aziendale. Queste possono contribuire infatti al facilitare l’adozione di un atteggiamento positivo, che può favorire di conseguenza la formazione di un team coeso, capace di lavorare unito per un obiettivo comune.

 

Tra le mille e altre cose, Fiona May è anche mamma. Due figlie: Anastasia, 10 anni, e Larissa, 18 ancora da compiere. Quest’ultima, è una delle promesse più lucenti dell’atletica azzurra. Che consigli dai alle figlie per rimanere concentrate e gestire tutte le pressioni e aspettative che inevitabilmente le ruotano attorno?  

Per quanto riguarda Larissa, ho provato a staccarmi da lei. Non voglio essere una mamma troppo attaccata e ossessiva. Come me, Larissa deve avere l’opportunità di crescere da sola, sbagliando e commettendo quegli errori che sono poi fondamentali per maturare nello sport come nella vita in generale. Ovviamente questo non è facile, soprattutto in una fase così delicata della sua vita, in cui molti cercano di intromettersi e consigliare cosa è meglio per lei.

In questo contesto carico di pressioni e aspettative quale è il mondo dell’atletica di alto livello, io le consiglio di rimanere concentrata su di sé. Deve trovare la propria strada, assumendosi le proprie responsabilità sia in caso di vittoria sia in caso di sconfitta, imparando in autonomia a gestire le proprie emozioni, la propria testa e le proprie gambe.


Anastasia invece ha un carattere diverso da Larissa. E’una ragazza dalla personalità molto forte. 
In questo momento gioca a tennis e sembra piacerle molto. Deve ancora imparare tanto, sia su come vincere ed essere aggressiva, sia su come perdere ed accettare la sconfitta.

Entrambe le ragazze hanno sperimentato sport differenti dall’atletica (Larissa ha fatto ginnastica prima di passare alla pedana del salto in lungo) il che è molto importante.Ritengo infatti che, indipendentemente dalla disciplina praticata, lo sport deve essere un maestro di vita, capace di insegnare ai più giovani, cosa significa vincere ma soprattutto perdere, accettare la sconfitta e continuare ad impegnarsi per migliorare.

Accanto allo sport, alle mie figlie cerco di trasmettere l’importanza dello studio. Lo sport come lo studio, infatti, contribuiscono alla formazione di una persona a 360 gradi. Questo non significa doversi laureare per forza con 110 lode, significa bensì studiare per avere gli strumenti adatti per affrontare le sfide della vita con la giusta intelligenza, imparando a far convivere questo aspetto con altri elementi della sua vita.

Anche Fiona May, sebbene molto studiosa, è stata bocciata a 16 anni in Inghilterra, e nonostante ciò si è ripresa ed è riuscita a laurearsi in economia e commercio. Questo perché la scuola come lo sport insegnano valori fondamentali come il lavoro, l’impegno, il sacrificio e il time management.

In conclusione, ciò che dico alle mie figlie è che quello che conta sono la testa, il corpo, il tempo, la passione, i bisogni e le speranze. Niente e nessun altro. Se poi non vinci non è la fine del mondo, l’importante è essersi misurati al massimo delle proprie capacità, affrontando delle sfide che non molte persone al mondo possono fare.