MARCO BORTOLAMI: IL LAVORO IN AZIENDA? UN GIOCO DI SQUADRA

Marco Bortolami è un’icona del rugby italiano, oggi allenatore facente parte dello staff tecnico del Benetton Treviso e del centro di Formazione Permanente U18 della FIR. È sempre stato un leader dentro e fuori dal campo, che si è distinto per essere diventato, a soli 21 anni, il più giovane capitano della storia della Nazionale Italiana.

Da tempo si impegna a portare i valori del rugby quali lealtà, sacrifico, dedizione, onestà e rispetto all’interno delle aziende attraverso il progetto “Rugby Team”.

Con Maurizia Cacciatori ed altri 4 campioni dello sport fa parte del progetto formativo “a Caccia di… soft skills”.

Marco Bortolami: il lavoro in azienda? Un gioco di squadraMarco Bortolami, dopo la vincente esperienza al Petrarca Padova, sua città natale, ha giocato nei campionati europei più prestigiosi, come quello francese e quello inglese, ed ha preso parte alla Celtic League – poi divenuta Pro12 e infine Pro14 – con le franchige italiane Aironi e Zebre.

Nella sua autobiografia “Vita da capitano” Marco Bortolami racconta questo “cammino quasi spirituale tra aneddoti, partite e rapporti umani”, nel quale emerge la sua forte personalità e tutto il carisma di un giocatore diventato capitano di tutte le squadre in cui ha giocato.

 

Marco Bortolami e la palla ovale, quando e come nasce questo amore?

Sono figlio d’arte, mio padre è un ex giocatore del Petrarca Padova, società in cui ho iniziato a giocare a rugby. Fin da piccolo accompagnai mio padre a vedere gli allenamenti e le partite del Petrarca e così finii per iniziare, relativamente tardi (a 10 anni) un “rapporto” con la palla ovale che ancora continua.

 

Nel 2001 entri nella leggenda della nostra Nazionale: nella partita contro i mitici All Blacks, vesti la fascia da capitano a soli 21 anni e segni una meta. Cosa si può chiedere di più? Com’è cambiata la tua vita da allora?

Marco Bortolami: il lavoro in azienda? Un gioco di squadra

Non so se qualcosa è cambiato. Probabilmente avevo già intrapreso un percorso che mi avrebbe portato ad esplorare le mie potenzialità. Sicuramente quel giorno è stato un sogno diventato realtà che mi ha dato una spinta ulteriore nel continuare a cercare nuovi modi di mettermi alla prova. Ora a distanza di anni assaporo e capisco quanto speciale sia stata quell’occasione: il Marco Bortolami di allora era un giovane ragazzo profondamente diverso dall’uomo che è oggi, ma credo che l’entusiasmo e la perseveranza nel pormi sempre nuove sfide sia stata la chiave del percorso che ho fatto.

 

In carriera hai giocato anche in Campionati esteri. Che ruolo hanno avuto queste esperienze nel tuo percorso di sviluppo professionale e personale?

Sono state entrambe esperienze fondamentali. Le incertezze e il salto nel buio prima di iniziare in un paese diverso dal mio, in una cultura diversa, senza i normali punti di riferimento a cui ero abituato sono state sfide difficili. La voglia di misurarmi con il meglio del rugby europeo e mondiale è stata la mia motivazione più grande. Credo inoltre che la mia personalità estremamente proattiva con ogni ambiente in cui mi sono trovato abbia favorito la buona riuscita dell’avventura.

In Francia ho dovuto sgomitare per farmi rispettare dai giocatori locali, ma l’affetto ed il calore che ho poi ricevuto da compagni di squadra, avversari e tifosi sono stati incredibili!

A Gloucester ho dovuto dimostrare ogni singolo giorno di poter migliorare e mantenere i più alti standard possibili, senza compromessi, come è nella cultura anglosassone.

Indubbiamente l’essere diventato capitano in realtà così culturalmente diverse è stata una sfida nella sfida ma forse anche l’opportunità che avevo di andare a fondo nei rapporti umani e professionali con le persone che stavano vicino a me. Sono cambiato molto in questi anni, qualche volta ho sbagliato o non mi sono fatto capire abbastanza bene… ed ogni momento di difficoltà è stata l’occasione per mettere in discussione il mio modo di essere e relazionarmi per poter apprendere dai miei sbagli o imparare a gestire meglio determinate situazioni.

In tutti questi anni la passione è cresciuta e mi ha spinto ad andare sempre più a fondo di questi aspetti relazionali.

 

Ci racconti meglio il progetto “Rugby Team”? In che modo ritieni che i principi come l’etica possano essere utili non solo a primeggiare sul prato verde ma anche all’interno di una realtà aziendale?

Credo fermamente che l’integrità di una persona sia l’aspetto più importante della personalità. Le situazioni e le sfide cambiano continuamente, ognuno di noi cerca sempre di fare il meglio ma è praticamente impossibile non commettere piccoli e grandi errori. Se dimostri integrità hai la possibilità di recuperare e migliorarti.

L’umiltà è un altro valore centrale nel mio modo di essere, che non significa non essere sicuri di sé, ma bensì avere la capacità di perseverare e lavorare duro come il primo giorno. Tutti quei piccoli atteggiamenti quotidiani, soprattutto i più semplici che ti hanno permesso di raggiungere il livello in cui ti trovi, proprio quegli stessi comportamenti sono gli unici che ti consentiranno di continuare a cavalcare l’onda al meglio. Una delle mie frasi preferite è: “non sentirti mai troppo grande da non fare le piccole cose”. Ecco sono i piccoli gesti e le sfumature che fanno la differenza!

Ogni gruppo di persone risponde alle stesse leve motivazionali, non importa che giochi a rugby o lavori in azienda. Coinvolgere, delegare, dare l’opportunità di esplorare le potenzialità individuali sono alla base di una squadra vincente!

 

Passando in rassegna la tua carriera, emerge una forte e spiccata predisposizione alla leadership, dote questa che ti ha portato a vestire la fascia di capitano in ogni club in cui hai militato. Domanda da un milione di euro: leader si nasce o si diventa? Quali sono le caratteristiche fondamentali che contraddistinguono un buon leader?

Marco Bortolami: il lavoro in azienda? Un gioco di squadraOgnuno di noi ha un concetto preferito di leadership e momenti diversi della nostra vita e del nostro lavoro richiedono diversi stili di leadership, ecco perché il mio concetto di leadership è “rappresentare un valore per gli altri”. Mi spiego meglio: un leader sa come aumentare il valore delle persone che gli stanno attorno, è un catalizzatore positivo di tutte le situazioni che si trova ad affrontare. Molte volte significa guidare un gruppo, molte altre significa fare un passo indietro per permettere alle altre persone di esprimere a loro volta leadership. Questo lo si impara, lo si affina e questo percorso non è quasi mai privo di intoppi e sbagli, ma se il leader mantiene una dimensione “umana” dei rapporti ha sempre l’opportunità di migliorare.

Tutti noi nasciamo leader, leader di noi stessi, ecco perché il percorso di sviluppo della leadership non è solo “esterno” ma è anche “interiore”.

 

Che consigli si sente di dare il Capitano Marco Bortolami ad un manager che dovrà guidare la propria squadra verso gli obiettivi di business quando la crisi sanitaria che stiamo vivendo sarà finita?

Conosci veramente una persona solo quando quella persona si trova sotto pressione. Questo momento di crisi sanitaria porta con sé sfide enormi. Sfide sanitarie, economiche, sociali e personali. Ognuno di noi ha il dovere di comprendere come e quando può influenzare il corso delle cose, tenendo bene a mente che ci sono situazioni che possiamo controllare e molte altre che sono al di fuori del nostro controllo. Questa “prospettiva” è molto importante perché ci fa realizzare che non possiamo controllare tutto ed ogni volta che cerchiamo di controllare qualcosa che non è possibile controllare rischiamo di perdere il controllo di noi stessi. Non possiamo controllare tutto ma abbiamo il dovere di controllare tutto quello che è nelle nostre facoltà senza dimenticarci mai che l’asset più importante di ogni azienda/squadra sono le “relazioni” tra i singoli componenti!

Solo un bravo leader sa come ottimizzare le relazioni tra gli individui della propria squadra, la cosa affascinate è che non esistono leggi scritte e regole fisse. Ecco perché la leadership è un’arte della scienza umana e non una scienza fine a se stessa!