JOSEFA IDEM: DALLE MEDAGLIE IN ACQUA ALLA FORMAZIONE IN AULA

Josefa Idem nel suo palmares conta 43 medaglie tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei. Vanta il record internazionale di partecipazione ai Giochi Olimpici, ben 8, inaugurati con il bronzo a 20 anni a Los Angeles ‘84 e chiusi con il quinto posto a 48 anni a Londra ’12.

Oggi è un’apprezzata consulente di formazione aziendale e con Maurizia Cacciatori ed altri 4 campioni dello sport fa parte del progetto formativo “a Caccia di… soft skills”.

Josefa IdemL’eccellenza dei suoi risultati, uniti ad una inusuale longevità agonistica, sono frutto di un percorso che dura da oltre 30 anni grazie ad un Metodo in grado di fare scuola anche fuori dallo sport. Un programma che Josefa ha portato avanti insieme a suo marito Guglielmo, già suo trainer, con cui ha condiviso valori e visioni, competenze ed esperienze, e che oggi può mettere a disposizione di imprese e professionisti tramite la sua attività di HR Consultant e Motivational Speaker.

Il “Metodo Idem-Guerrini” prevede lo sviluppo di importanti sinergie attraverso incontri in aula, frontali e di gruppo, e iniziative outdoor tramite team-building in palestra e in barca.

 

A 50 anni ti sei rimessa in gioco, hai conseguito una laurea magistrale e oggi fai formazione aziendale. Quanto conta aver vissuto una storia come la tua per i messaggi che devi trasmettere nella formazione dei dipendenti d’azienda?

Per quanto mi riguarda conta molto. Nello sport come sul lavoro si ragiona in termini di performance. In entrambi gli ambiti, infatti, risulta necessario adottare degli approcci e dei metodi strutturati, finalizzati al continuo miglioramento di quest’ultima, per rimanere competitivi nel lungo periodo.

Ecco perché il mio metodo si struttura in tre grandi macro-aree: Innovazione, Programmazione e Atteggiamento. Per ognuna di queste aree sono poi previste una serie di azioni e step concreti, volti a potenziare tutte quelle skills che permettono di eccellere tanto sul mercato del lavoro quanto nello sport di alto livello.

Ad integrazione di tutto ciò, fin dal 2005 propongo uno Storytelling destinati alla formazione aziendale nel quale ripercorro gli aneddoti più importanti della mia carriera ultratrentennale: momenti di difficoltà, sconfitte ma anche vittorie e celebrazioni, con l’auspicio che possano fungere da intrattenimento e da fonte d’ispirazione per il pubblico all’ascolto.

 

Riavvolgiamo per un momento il nastro e torniamo agli ultimi attimi della tua folgorante carriera. A Londra 2012, all’età 48 anni, sfiori l’ennesima medaglia olimpica e annunci il ritiro. Cosa hai provato a smettere con l’agonismo dopo 30 anni al vertice mondiale?

Nell’istante successivo all’annuncio del ritiro ricordo di aver provato un po’ di nostalgia per tutto quel mondo che mi stavo lasciando alle spalle dopo 30 anni: luoghi, persone, tensioni, momenti, …

Allo stesso tempo però, ammetto di aver provato anche un grande sollievo perché iniziavo ad avvertire la fatica di una vita trascorsa a pagaiare e avevo voglia di intraprendere nuove strade.

E, infatti: eccomi qua a fare formazione!

 

Josefa IdemQual è stata la caratteristica principale per gareggiare e competere sempre ai massimi livelli, senza un periodo di sosta?

Per quanto mi riguarda, considero riduttivo limitare a un singolo fattore il segreto della mia longeva quanto vincente carriera.

Al contrario, ritengo che essa sia stata frutto di un mix variegato di determinanti tra le quali posso citare: l’amore per la canoa e per lo sport in generale, una vita equilibrata trascorsa tra gli allenamenti e gli impegni familiari, la costante voglia di migliorarsi, la capacità di adattarsi al cambiamento e, infine, la capacità di motivarsi sia a ridosso dei grandi appuntamenti, che nei noiosi periodi di routine.

 

Nella tua carriera hai vissuto numerosi momenti di gioia, tuttavia le difficoltà non sono mancate, nello sport come nella vita. Come sei riuscita a restare sempre positiva, rialzandoti e reinventandoti ogni volta?  

La mia famiglia ha giocato un ruolo fondamentale, aiutandomi a mantenere un atteggiamento positivo di fronte alle difficoltà incontrate lungo la strada. Il supporto di mio marito e dei miei figli mi ha consentito di rialzarmi ogni volta e tirare fuori il meglio, anche quando tutto sembrava “remarmi” contro.

In secondo luogo ho sempre badato a non fare confusione tra Idem, l’atleta e campionessa, e Josefa, la donna, moglie e mamma. Questo mi ha consentito di godermi al massimo le vittorie e i momenti di gioia, consapevole che una volta spenti i fari della ribalta, tutto sarebbe tornato alla normalità.

Dopo tutto, guardando indietro alla mia carriera, le vittorie e le sconfitte passano in secondo piano e ad assumere importanza è invece l’atteggiamento con il quale ho affrontato questo alternarsi di momenti.

 

Una vita densa: lo sport, la famiglia, la politica, il sociale, lo studio, la formazione… Hai nuovi progetti per il futuro o pensi d’aver trovato la tua dimensione definitiva?

Il fatto che io abbia praticato sport agonistico per 36 anni potrebbe indurre a pensare che io cerchi dimensioni se non definitive, allora quantomeno stabili. In realtà, non sarei durata così a lungo se il mio percorso non fosse stato costellato da tante altre situazioni. Partendo, infatti, dalla scelta di diventare madre a carriera in corso e non soltanto al suo termine, all’impegno in assessorato e alla scrittura della mia prima autobiografia nel 2007, ho sempre avuto e continuo ad avere una grande apertura mentale su più dimensioni. Questo atteggiamento mi porta anche oggi a cercare nuovi progetti e nuove sfide.

 

Quale credi sia il segreto più prezioso che puoi condividere durante le tue consulenze aziendali?

Nell’epoca in cui viviamo, l’unica cosa che non cambia è la certezza che tutto cambia, e anche repentinamente. Ritengo però molto importante ponderare le proprie scelte perché è tanto essere in grado di abbracciare l’incertezza con una spiccata propensione al cambiamento, quanto importante saper tener conto di valori consolidati. Si deve cambiare solo se e quando serve.

Per fissare questo messaggio racconto sempre un aneddoto personale, che riguarda la canoa con cui ho gareggiato dal 1993 al 2007. Per tutto quel periodo, il mercato è stato inondato da canoe “innovative”, prontamente sfoggiate dalle mie avversarie ai vari appuntamenti nel circo internazionale. Per anni ho ringraziato quelle avversarie perché indirettamente consolidavano le mie convinzioni: nonostante il richiamo commerciale dei modelli avanguardistici, ho sempre preferito la mia vecchia barca, la Van Dusen, perché era la sola capace di trasmettermi sensazioni positive, calde e sincere. Nel 2007, però, in previsione delle Olimpiadi di Pechino, la linea dell’americana Epic mi ha convinta a praticare dei test nella vasca navale di Roma dove ho appurato di aver finalmente trovato una barca più veloce della mia. La cosa incredibile è che durante quei test, ho avuto la conferma scientifica che la mia fedele Van Dusen, capace di farmi vincere bronzo, oro e argento nelle edizioni olimpiche di Atlanta, Sydney e Atene, era comunque più performante di tutte le altre imbarcazioni ritenute “innovative” e che avevo sempre scartato in nome delle mie sensazioni. Questo mi ha dato la consapevolezza che non vale la pena cambiare per cambiare, ma serve essere pronti a cambiare quando è davvero necessario.